giovedì 14 aprile 2011

IL CLASSICO AL SALONE DEL MOBILE

Il mio sarà sicuramente un giudizio parziale ma cercherò di essere il più obiettivo possibile. Detto questo passiamo alla rassegna. Essendo progettista e designer di arredamento classico mi sono fatto un giro nei Padiglioni 1, 2, 3 e 4 del Salone del Mobile. Sono quelli riservati all'arredamento classico.

Parentesi: laureato in Industrial Design i miei maestri erano quelli classici: Jean Prouvè , Robert Mallet-Stevens, per affinità culturale e un po' di sano nazionalismo Victor Horta, tutti quelli della scuola moderna e un allora giovane Philippe Starck,..ecc. L'orrore per noi era rappresentato dal mobile in stile, dall'ornamento "inutile". Il mio slogan un po' retrogrado,reazionario e ingenuo era: "La forma segue la funzione". Con il tempo e per necessità professionale mi sono riaffacciato al mondo del classico, ma questa volta con tutt'altro spirito. Mi sono reso conto che è estremamente difficile proporre innovazioni in questo mercato, ma che è altrettanto difficile progettare in modo coerente, "semplicemente" (si fa per dire) traendo ispirazione dalla storia del Design e dell'architettura. Bisogna avere grande cultura, avere un profonda conoscenza degli stili.. ecc.


Colonne ridicole con fiaccole dorate di plastica. Schermo o vetrata con occhio egizio, poltrona barocca plasticosa... Mentre montavano questo stand non riuscivo a capire fino a che punto potessero arrivare. Una chiesa? Un tempio? Boh!


 Questo l'avevo scelto come "il peggio del peggio", ma vi assicuro che ho visto altro che riusciva a superarlo.



Questo é il massimo, i calici stile Santo Graal, nelle nicchie retroilluminate. Ma chi puo vivere in un simile ambiente. Un amante di Conan il Barbaro e di Merlino?

Ma torniamo al nostro viaggio nei Padiglioni Classici. Prima osservazione. A parte gli espositori  (titolari delle aziende), nessuno parla Italiano. Tutti Russi, Ucraini, Polacchi,  Cinesi, Georgiani, Turchi.. qualche Francese o Tedesco. Tutti gli stand hanno il loro interprete russo, che spesso è decisamente appariscente (ed è per parlare per eufemismi). Seconda cosa: pochissimi giovani a parte le compagne (amanti?) del magnate della situazione. Terza, l'aspetto esteriore dei visitatori che rispecchiavano in pieno il tenore del mobilio esposto: di cattivo gusto.



Arriviamo dunque alle proposte d'arredo esposte. Comincio con i primi stand ma dopo poco tempo mi manca l'aria. Guardo, chiedo informazioni, analizzo finiture, cerco di comprendere... faccio il mio lavoro, insomma. Cerco di resistere, di perseverare. Mi devo sedere. Riposare. Non per stanchezza fisica, ma perchè mi sento soffocare dalle pareti di velluto polverosi, dall'oro finto, dalla combinazioni di colori e materiali infelici, dall'opulenza appariscente, dall' incessante ripetersi di stili mescolati senza nessun senso. Pacchiano e pesante fino all' inverosimile. Innovazione, ironia, leggerezza, coerenza, raffinatezza: zero assoluto! Sembra di entrare ovunque in un film di gangster di serie b o in un cartone di Barbie.
La maggior parte degli espositori presenta oggetti creati su misura per compiacere un gusto assurdo. Lo si nota nello sguardo e nei discorsi furbeschi degli espositori: il classico tipo di venditore di macchine usate americano ( con tanto di anello d'oro e catena al collo).
Il risultato è un miscuglio "pittoresco" di stranezze che paiono provenire da un videogioco di fine anni novanta. Un pastrocchio storico-buffonesco alla Xena la Principessa Guerriera.
E tutto ciò è pensato per il semplice fatto di compiacere una domanda di arredo che non conosce, o fa finta di ignorare quello che di "bello" propone il design europeo, preferendo modelli ostentati che fanno eco alla mancanza di cultura estetica degli acquirenti. Una parvenza trasfigurata di quello che è l'arredamento "classico" all'italiana.
Da dove arriva questo stereotipo? Dai mass media, che in questi anni hanno veicolato degli stereotipi falsati di gusto che comprendono uniformemente il kitch da bancarella e l'Italia in Miniatura.

Continua....

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Signore, mi permetto delle obiezioni ai suoi giudizi trancianti.
Parto in quinta dicendole che sono ben più ferrato di lei riguardo al disegno ed alla storia dell'arte.
Non ho studiato il disegno presso dei designer, bensì seguito da artisti eserti. Inoltre mi sono sempre interessato all'arredo del Settecento e dell'Ottocento, presenti nei mirabili palazzi europei,documentandomi su libri,viaggiando od onorato dalla frequentazione di proprietari di magioni a dir poco blasonate.

Mi chiedo la causa del livore suo e dei suoi compari riguardo all'ornamento.Lei cita Horta: ebbene anch'egli, esponente dell'Art Nouveau,fece grande uso di ornamenti. Veda la celeberrima residenza Solvay.
Lei per formazione è estraneo al disegno classico-artistico dell'arredo tradizionale, per cui forse le sarà difficile disegnare con somma grazia intarsi, bombature, elementi antropomorfi. Ci vogliono cultura ed autoironia, si, ma anche la tecnica.

Sono stato al Salone: ho fatto conoscenza anche quest'anno di molti espositori, ma pure di "intenditori" italiani. Ebbene, non mi sentirei mai di criticare nessuna delle persone incontrare per il loro vestiario. Forse nei padiglioni del Mobile Classico il tono distinto dei Signori prevaleva sulla massa sciatta, bohemienne, eccentrica di tanti giovani "amanti" del design d'ultima generazione, orbati di sgargianti creste, borchie, piercing, abiti smilzi od extralarge, uomini colle borsette al polso e tutto l'armamentario della giovane checca o del serioso radical chic, totalmente affettati.
Non ho visto nulla di "americano", nell'accezione spregiativo da Lei dato, nessuno ornato di catene, nessun "pappone" con harem al seguito.

Dopo i primi stand cosa l'ha stancata? Le malachiti di Tosco Ticcati? La poesia delle imbottiture e dell'arte del panneggio di Provas? Le radiche? I venditori di damaschi come Rubelli?
Velluti polverosi? Ohibò, credevo che esistesse l'aspirapolvere nel 2011! E devo dire di aver sempre visto le graziose signorine adette agli stand intente nel lucidare rifiniture o piani intarsiati.
Siano materiali infelici l'ottone dorato, la radica, le frange,il capitonné. Tutta materia prima mancante negli stand di quei tristanzuoli del design contemporaneo, laddove è tanto avere un divano in pelle oppure paiono ancora inesistenti il concetto di "ambiente ovattato" o "profumo-diffusione".

Sappia che in breve kitsch può essere, oggi come oggi, tutto ciò che punta ad essere elitario, aulico, rifinito, borghese. Ma scade nel kitsch anche tutto ciò che per contro vuole apparire dozzinale, in reazione ad un gusto di pretese altolocate.
Data questa premessa, kitsch differente dal concetto di reale Cattivo Gusto,si posso dire più kitsch le biciclette appese ad una parete o delle boiseries intagliate?
In un'epoca senza valori e punti di riferimento l'eclettismo ricercato dai Nouveaux Riches, e non disdegnato da molti europei, esperti d'arredo o meno, pare l'unica àncora di certezza, scialuppa di salvataggio e vincastro estetico in questo nostro mondo alienato e stravolto da ogni genere di provocazione ed eversione rimane ciò che la tradizione ci ha consegnato di buono.
Inserire delle "variazioni sul tema" è legittimo. Si sono viste soluzioni innovative ed originali, ilprimo a cui penso è Turri.
Non si dica che la maggiorparte del design "giovane" sia dotato di linee eleganti ed organiche, di materiali ricercati o confortevoli.
Probabilmente Lei rode.
Noi godiamo di successo vieppiù crescente. Voialtri vivete appena la crisi del modello imperante (ma declinante) dello pseudo-progresso post avanguardistico, che tedia gente desiderosa di vita e benessere, usita spesso dallo squallore della miseria e del grigiore post-comunisti.

Frederic Lebrun ha detto...

Chapeau se lei è in grado di mettersi in casa qualcosa che denota il "successo vieppiù crescente" o che declama rutilanti laudi al desiderio di benessere della società del nuovo millennio. Il che mi interdice: ma quelli della nuova generazione di gaudenti dandy ed edonisti amanti del bello, non sono gli stessi che lei ha definito checche, massa sciatta bohemienne, e per giunta "ORBATA" ( Prego?! Mi risulta dal vocabolario della lingua italiana che "orbato" voglia dire "privo", non "dotato"....) di creste e borchie?
Lei ha fatto confusione, ma non saprei dirle se è accaduto prima o dopo aver letto il mio pezzo.
Ad ogni modo, se ha arredato casa con "chicche" del genere, non vi metterei piede. Non senza un esorcista, per lo meno.

Anonimo ha detto...

Non venga ad insegnarmi l'italiano per un refuso, La prego. Comunque se uno sciattone scapestrato e capellone è un dandy Lord Brummel cos'era? Un impiegato di banca???
Tralasciando queste frivolezze il successo vieppiù crescente è proprio dell'arredo classico. Si lamenta del fatto che una grande parte del pubblico evita il design contemporaneo.E' ovvio che lo faccia.Per il 70% è orrendo.....veda lei. Inelegnate, sgraziato, fintamente ironico, semplice, quasi rustico. Senza criterio di linee, acromatico, seriale ed omologante.
In casa mia non La inviterei mai. Ho l'onore di conoscere poche persone,ma eccellenti.
La massa si lascia a voialtri contemporaneisti.Vivete nella rozzezza. All'elite ciò che gli compete, in spazi adeguati.
Addio.

Frederic Lebrun ha detto...

Guardi, lei mi lascia piuttosto basito. Forse dovrebbe scaldarsi meno, ed essere meno pronto a lanciare commenti più simili a sciarade a destra e a manca. Vorrei levarmi una soddisfazione, e per questo le dico che ero allo stand del classico non per mera bighelloneria, ma perchè lì ci esponevo. Ha inteso? ESPONGO AL PADIGLIONE CLASSICO. Ma quello che lei mi fa leggere è l'ennesima riprova di quanto questo settore abbia bisogno di un po' di refrigerio, e perchè no, di un po' di sana autocritica. Resto della mia idea: l'esorcismo serve eccome. E non solo a casa sua.