venerdì 29 aprile 2011

Toto-tiara


Non ne potete più, è vero. E' comprensibile. Ma non si può fare a meno di constatare che oggi è il 29 di aprile e oltre la Manica si celebra uno degli eventi mediatici più spiati di questo decennio. Il matrimonio reale di William & Kate.
E' comprensibile che a voi non interessi un benemerito tubo di quello che sta succedendo, dei fiori, degli abiti, degli invitati etc, e vi confessiamo che anche a noi tutto ciò ci lascia indifferenti e poco partecipi.
Tuttavia, un po' per curiosità, un po' per voyeurismo abbiamo dato uno sguardo alle protagoniste della grande incognita matrimoniale: le tiare reali.
Se interessa poco del matrimonio, guardate che meraviglia che sono questi oggetti, dal design forse un po' ridondante, ma adatte a fare la loro figura su una Altezza Reale! Qui di seguito trovate le più belle e le più famose.


La tiara russa Kokoshnik venne presentata alla principessa Alessandra nel 1888 da lady Salisbury come rappresentante dei 365 nobili pari del Regno Unito. Alessandra aveva richiesto che questa tiara avesse la forma del russo kokoshnik, simile a quello di sua sorella, l'imperatirce Maria Feodorovna di Russia. La tiara venne realizzata dalla gioielleria Garrard di Londra su supervisione di lady Salisbury. Essa è composta di 61 barre di platino incrostate di 468 diamanti, il più grande dei quali ha il peso di 3.25 carati


La tiara delle ragazze di Gran Bretagna e Irlanda fu un regalo appunto fatto dalle giovani ragazze inglesi ed irlandesi all'allora principessa Maria nel 1893. Nel 1947 la regina Mary diede questa tiara a sua nipote, la futura regina Elisabetta II come regalo di matrimonio.La tiara venne descritta per la prima volta da Leslie Field come "un festone a pergamena di diamanti sormontata da nove perle orientali e da un grande diamante alternato a due file di piccoli diamanti".



La Tiara dei nodi d'amore è composta di diamanti e perle già in possesso della regina. Essa ha un disegno tipicamente neoclassico francese e consiste in 19 grandi diamanti con perle. Sono inoltre presenti dei nodi d'amore con grandi brillanti. Nel suo testamento la regina Mary lasciò questa tiara alla nipote Elisabetta II, la quale a sua volta ne fece dono alla principessa Diana come regalo di matrimonio. Al momento del divorzio della principessa Diana dal principe Carlo del Galles, la tiara tornò alla Regina d'Inghilterra.


Tiara del principe Andrea di Grecia.
Questa tiara fu il regalo di nozze fatto all'allora principessa Elisabetta d'Inghilterra (poi Elisabetta II) dalla suocera Alice di Battenberg. La tiara ha la forma tipicamente classica greca con un grande diamante centrale circondato da altri piccoli diamanti, incorporanti anche delle foglie d'alloro. La regina Elisabetta, di fatti, non la indossò mai in pubblico ed essa nel 1972 venne donata alla principessa Anna la quale la utilizzò in pubblico sovente come nel caso del suo fidanzamento con il capitano Mark Phillips.

Voi quale mettereste?

mercoledì 27 aprile 2011

Magazzino di Porte. Viaggio a puntate nella storia dei serramenti



L’ECLETTISMO E IL LIBERTY


Non c’è una soglia netta tra l’età neoclassica e la stagione dello storicismo eclettico. Non solo perché il gusto che dall’età neoclassica si dirama nei vari Biedermaier, Impero, Regency, si spinge ben addentro al XIX secolo ma anche perché sul fronte degli esotismi delle cineserie e degli orientalismi in genere, prosegue un fenomeno già iniziato nella seconda metà del Settecento. Dal punto di vista pratico questo fenomeno ha per noi un certo interesse: poniamo il caso della casa pompeiana e dei suoi arredi. Alle testimonianze autentiche del primo secolo noi possiamo giustapporre il revival dell’età neoclassica cui, appunto, subito si aggiunge il contributo dell’eclettismo che moltiplica le possibili declinazioni dei soggetti. In una ‘grammatica degli ornamenti’ che ora si è incuriosita di ogni angolo del globo e di ogni possibile antichità, le scelte sono molto ampie.



Tra le porte documentate in questo file, possono trovarsi soluzioni neoegizie, neocinesi come quella di Parma, o neoindiane, attuate nel padiglione reale di Brighton.
Porte intrise di fastosità barocche, variamente declinate per forme e colori dal Salento alla Germania e molti moltissimi esempi di quel neorinascimento, specie cinquecentista che, supportato da una indiavolata abilità nell’intaglio, sarà cavallo di battaglia di botteghe e laboratori senesi, fiorentini, pistoiesi ecc.
Apparentemente più adatto alla riproposta o ad innescare nuova progettualità potrebbe essere il filone opposto al classicismo cinquecentista, quello anticlassico del medievo.



E non tanto gli esemplari propriamente gotici, quanto il medioevo romantico alla Morris, ispirato per intendersi al Tre-Quattrocento negli arredi policromi di cinz o di carte da parati, di decori a stampino o più raramente di vere e proprie pitture. In Italia certamente, ma un po’ in tutto il mondo, il tardo eclettismo medievalista sconfina talvolta nel liberty. Succede a Bedford Park, come nella Scozia di Mackintosh o di Ballie Scott, nel medievalismo di Basile in Sicilia. Una tensione a forme elementari che in un certo senso contrasta con il raffinato disegno astratto, art nouveau di certi vetri legati a piombo nelle porte capolavoro della sala da the di Mackintosh, di certe maniglie esagerate nella loro evidenza plastica e nella loro misura.



Caratteristiche destinate ad essere sviluppate, a trovare nel seguito più declinazioni, nei motivi floreali, nei fiori variopinti di tante porte e finestre vetrate di alta, di bassa o di mediocre qualità; lo stesso per le grandi maniglie, per le toppe smisurate che offriranno agli Arts déco un elemento di sicura caratterizzazione. La sinuosa eleganza di questi esemplari che richiedono lavorazioni esclusivamente manuali o hanno messo alla prova le possibilità delle prime pialle e frese elettriche, se per un verso aspira a sostituire l’abaco dei vecchi stili, per molte altre strade si mescola con questi, in tante architetture, negli arredi e nella foggia di tante porte, aprendosi alla contaminazione neoeclettica.



Mauro Cozzi

venerdì 22 aprile 2011

Un uovo...da re




Ci avviciniamo alle festività pasquali, e dunque quale migliore occasione di questa per "regalarci" un bell'uovo?
No, non dovete iniziare a fare il conto delle calorie, perché in questo caso la cioccolata c'entra poco. Quest'oggi parliamo delle uova di Fabergè, il gioielliere degli zar, che fra otto e novecento ha regalato al mondo degli autentici capolavori di arte orafa.



Queste uova meravigliose videro per la prima volta la luce nel 1885, quando lo zar Alessandro III regalò per Pasqua a sua moglie Maria Fyodorovna una singolarissima sorpresa. Il regalo consisteva in un uovo a struttura di Matrioska, che al suo interno conteneva uova sempre più piccole e preziose, fino ad arrivare a un tuorlo d'oro massiccio con una gallinella dai dettagli in rubino.



Da quel momento in poi, alla corte degli Zar, per Pasqua venivano sempre regalate uova di questo tipo. Le uova fabergè venivano inviate come dono nei rami più stretti della famiglia Romanoff e fra le principali corti europee imparentate. Alla caduta dell'impero russo, e con la rivoluzione del 1917, la famiglia di gioiellieri Fabergè emigrò in Francia, trasferendo a Parigi la produzione dei gioielli. Nel 1940 l'azienda chiuse i battenti, ma ci restano le splendide creazioni che hanno incantato le corti europee

giovedì 21 aprile 2011

Magazzino di porte. Viaggio a puntate nella storia dei serramenti




4 - L’ETA’ NEOCLASSICA

Dapprima nel Barocco e nella Rocaille, quindi sempre più estesamente nell’ambito di un nuovo gusto antiquario che coinvolge l’intera Europa, si affermano incisioni, manuali e libri di modelli che si occupano d’arredamento. Vengono spesso proposte intere pareti, dove la porta che è fatta oggetto di un interesse uguale a quello degli altri elementi (l’immancabile console, la specchiera, il lambris), viene disegnata insieme al sovrapporta. Si può osservare la presenza della scala metrica e una certa economia e precisione di segno nelle incisioni che distinguono questa dalle tavole di altri repertori. (...)
Da dove far iniziare l’età neoclassica? Indubbiamente un caso precocissimo è quello inglese del primissimo Settecento, dove certe istanze di semplicità anticipano un gusto che s’affermerà nel continente solo dopo la metà del secolo.
Chiswich house nel Middlesex è un esempio evidente di questo nuovo raffinato gusto. Le porte a due ante riquadrate da specchi e di sgusci ad ovolo dorati, si rifanno ad una sobria scansione palladiana, rinascimentale non immemore di certi esemplari romani e pompeiani.



Parallelamente alle sistematiche rilevazioni e agli studi che, Winckelman in testa, interessano il mondo greco e l’Asia minore e che danno la stura ad un “gusto alla greca” di grande successo, sono il chiarissimo sintomo della messa in discussione del vecchio sistema rinascimentale-barocco e dell’esordio di un nuovo, plurale sistema che dalla Grecia a Roma, dalla civiltà egizia a quella etrusca sarà veicolo di forme più semplici e lineari rispetto al gusto precedente e pertanto adatto alla produzione in serie e alle macchine rozze della prima rivoluzione industriale. In tale quadro vanno intese certe produzioni ceramiche del secondo Settecento dalla Wedgwood e dal suo settore più sofisticato Etruria Hall, alla Ginori e a tante altre manifatture europee piccole e grandi.


L’età neoclassica offre esempi inconfondibili nell’allestimento degli interni e fenomeni del gusto molto marcati. Al rapporto Piranesi Adam, a quel bisogno di sentirsi antichi, che coinvolge la società più raffinata del secondo Settecento, si può certo riconnettere il filone neoetrusco che produce nel 1777 il celebre Gabinetto di Osterly Park a Londra nelle cui decorazioni a grottesca nel raffinato disegno delle girali, delle candelabre e delle figure che si ripetono per moduli, dipinte sulle pareti.
Decorazioni pittoriche antichizzanti di sapore ‘etrusco’ pompeiano, possono essere ritrovate e studiate in moltissimi esempi e tipologie: tra Settecento appunto, e Ottocento, le ritroviamo non solo nei più esclusivi salotti aristocratici ma anche nelle versioni quotidiane dell’offerta antiquaria dalle quali si ricavano tuttavia una serie di suggerimenti tipologici e decorativi, trabeazioni sagomate e soluzioni decorative che vanno da semplici fregi e cornici dorate, a motivi floreali, fino a veri e propri casi di decorazioni pittoriche.


I disegni e gli acquerelli che ritraggono interni e particolari di interni del primo Ottocento, offrono un contributo non secondario: ambientano bene le porte documentando il colore e gli eventuali decori delle pareti, con stoffe o con quelle pitture a stampino che saranno poi sostituite dalla più industriale carta da parati. Uno dei casi più stimolanti potrebbe essere quello di Karl Frederic von Schinkel, l’architetto tedesco più importante di tutto il XIX secolo, per alcuni suggerimenti che derivano dagli arredi Biedermaier della residenza di Glinike a Postdam, per alcune soluzioni molto eleganti adottate per quelle stanze e quelle porte rosse, appena riquadrate da cornici sottili, da cornici e da fregi dorati nel telaio che a loro volta richiamano la soluzione della parete.



Mauro Cozzi

mercoledì 20 aprile 2011

Bleu d'ailleur di Hermes

Hermès, storica maison che si contraddistingue per un’eleganza raffinata, ha appena presentato il suo nuovo servizio da tavola in porcellana chiamato Bleus d’Ailleurs. Ispirato al colore dei mari del sud, alle decorazioni in cobalto realizzate in Medio Oriente nel IX secolo, agli azulejos portoghesi al blu Cina e di Berlino, vi accompagna in ogni ora della giornata: dalle tazze per la colazione agli eleganti piatti da portata, dalle coppe per il consommé fino al servizio da thè. Zuppiera, insalatiera, vasi e piatti ovali completano il tutto. Con un’unica ciotola color giallo limone che contrasta con l’intensità del blu.




martedì 19 aprile 2011

Leggerezza di forme belle: Marco Pisati. Progettista per natura, metafisico per vocazione.



Un'intervista con Marco Pisati, designer poliedrico e geniale, sai da dove comincia ma non dove può arrivare. In effetti, ci si può veramente aspettare di tutto da uno che ha cominciato la propria carriera da designer aerospaziale, e poi approda all’arredamento d’interno. Anche stavolta Pisati non si smentisce, e dopo aver sperimentato le possibilità del vetro e dell’ottone cromato, adesso presta la propria opera per altre innovative creazioni, ancora una volta ispirate al mondo della natura.
E se sui caloriferi fioriscono dettagli marcatamente moderni e orchidee dai colori meravigliosi, sulle piastrelle si riproducono delicati disegni assemblabili secondo il gusto del pubblico. 
Sia che si tratti di ceramiche o di complementi per bagni una cosa è certa: con Pisati non si può mai dare per scontato nulla, perché tutto può essere fonte d’ispirazione, e niente è così privo di attrattive da non rappresentare una sfida da affrontare.
Iniziamo la nostra intervista parlando di ispirazioni: quando si trova davanti ad un foglio bianco, da cosa inizia il suo processo creativo? Si lascia trasportare da un impulso o i suoi progetti sono frutto di studi lunghi e precisi?
I miei progetti nascono sempre da un mix di ricerca ed ispirazione. La ricerca diventa in assoluto l'elemento fondamentale del processo creativo. La ricerca spazia in tantissimi campi: dall'Arte moderna all'Alta Moda di cui apprezzo taglio, forme, decoro e colore, dalla Fotografia contemporanea e l'Illustrazione, all'Architettura ed al Design. Sono in continua ricerca di stimoli che mi spingano a modificare i miei punti di vista e progredire continuamente nella creazione di opere di design. Spesso mi diverto utilizzando queste informazioni ed immagini riassemblandole in modo nuovo, donando loro significati diversi; altre volte capto le nuove tendenze e le infondo nei miei prodotti.



La sua educazione da designer aerospaziale imprime una certa spinta avanguardistica, per non dire metafisica, a tutte le sue collezioni. Potendo spingerci ancora più avanti con l'immaginazione, secondo lei dove riuscirà ad arrivare il design di elementi di arredobagno?
In effetti ho avuto una formazione decisamente unica. Avere a che fare con la gravità zero è un esperienza incredibile: progettare un oggetto di Design per un ambiente in assenza di gravità vuol dire ripartire da zero nel processo creativo e funzionale. Come fai a bere, se l'acqua vola nel bicchiere? Come puoi sederti se il tuo corpo galleggia nel vuoto? Da questo punto di vista i miei progetti hanno sicuramente un aspetto metafisico che avvolge un cuore tecnologico funzionale.
Credo che questo concetto possa esprimere quello che penso del design del futuro: tecnologia miniaturizzata avvolta da un aurea di poesia.

Le sue ultime collezioni parlano un raffinato “linguaggio floreale”. Camelia, Ribes e così via...La natura è ancora fonte di stimolo per i designer contemporanei?
Ritengo proprio di si. Personalmente sono estasiato dalla natura che ci circonda; la sua complessità di forme e colori diventa una fonte di ispirazione inesauribile. Di recente ho disegnato il progetto “Eden” per Bandini Rubinetterie dove rubinetti floreali dialogano armoniosamente con lavabi in forma di onde solidificate. All'ultimo Salone del Mobile di Milano ho presentato con K8 Radiatori il progetto “Nature” dove una serie di termosifoni minimali sono caratterizzati da accessori porta salviette in forma di fiori. O ancora il termosifone “Bamboo”: un vero e proprio gioiello di tecnologia in forma naturale.
Arya, Seta, Clock etc..Abbiamo già capito che non ama i nomi scontati. Ma l'idea di chiamare così le sue linee viene prima, dopo o in contemporanea al loro processo creativo?
Sempre alla fine. Il nome della collezione lo considero quasi un sigillo da apporre ad un messaggio creativo costruito nel tempo. Ogni opera nasce da un intuizione ed è un racconto che progredisce e prende forma attraverso il processo di ingegnerizzazione; prosegue con il packaging, che “veste” il prodotto e termina con il nome che lo contraddistingue. Ho avuto modo più volte di lavorare come Art Director. E' un lavoro affascinante che mi permette di gestire l'immagine globale di un'azienda e di seguire in ogni fase il percorso ideativo e comunicativo del prodotto. Credo che ogni dettaglio che caratterizza il prodotto sia fondamentale e necessario per comunicare correttamente un processo creativo.



Cosa ci riserverà il designer Marco Pisati nel prossimo futuro? Ci svela qualcosa o punta tutto sull'effetto sorpresa?
Normalmente preferisco non svelare il futuro, è sempre meglio sorprendere dopo. Posso dire comunque che attualmente sto lavorando ad un progetto molto interessante nel settore ceramico, in un campo fortemente decorativo. Un' esperienza per me nuova, affascinante e stimolante a livello creativo.

venerdì 15 aprile 2011

VISITA AI PADIGLIONI DELL'ARREDAMENTO CLASSICO - Salone del mobile 2011

Proseguiamo il nostro viaggio all'interno dei Padiglioni del Classico del Salone del Mobile. Sono ormai due giorni che ho lasciati i miei colleghi a Milano e fortunatamente mi sono un po' ripreso... Proprio questa mattina leggevo l'articolo apparso sul sito del 24 ore "Al Salone del mobile il classico muove la passione araba e russa".  Passione? Io la definerei piuttosto un'enorme presa in giro. Secondo Colombo il problema è anche di formazione, le scuole professionali sono troppo tecniche e il cambio generazionale quasi inesistente. Per quello che riguarda i designer, ci vuole una preparazione decisamente importante e spesso i giovani sono più attratti verso il moderno, sicuramente "più accessibile".
Tornando al mio primo intervento, quello che mi ha dato fastidio in tutta questa storia, non è tanto la "mancanza di gusto"* o di spirito critico da parte dei clienti del classico quanto la farsa rappresentata dai vari produttori ed espositori. Sembrano vendere l'ancestrale arte italiana di produrre e disegnare mobili esclusivi. In realtà nessuno di loro si metterebbe quel mobilio, spesso fatto male in Cina, in casa propria.
Fortunatamente qualche espositore è riuscito a sfuggire a questo fastidioso trend. Ne voglio citare solo due, Annibale Colombo, che come ogni anno ha presentato un stand colto e raffinato e Sige Gold, che riesce sempre ad interpretare con freschezza il mondo del classico.




*(“Nulla è bello. Tutto dipende da chi guarda, la bellezza è versatile.”- Philippe Starck. Questo è vero per chi ha avuto la fortuna di poter scegliere, non per chi ha una visione limitata, falsa...)

giovedì 14 aprile 2011

IL CLASSICO AL SALONE DEL MOBILE

Il mio sarà sicuramente un giudizio parziale ma cercherò di essere il più obiettivo possibile. Detto questo passiamo alla rassegna. Essendo progettista e designer di arredamento classico mi sono fatto un giro nei Padiglioni 1, 2, 3 e 4 del Salone del Mobile. Sono quelli riservati all'arredamento classico.

Parentesi: laureato in Industrial Design i miei maestri erano quelli classici: Jean Prouvè , Robert Mallet-Stevens, per affinità culturale e un po' di sano nazionalismo Victor Horta, tutti quelli della scuola moderna e un allora giovane Philippe Starck,..ecc. L'orrore per noi era rappresentato dal mobile in stile, dall'ornamento "inutile". Il mio slogan un po' retrogrado,reazionario e ingenuo era: "La forma segue la funzione". Con il tempo e per necessità professionale mi sono riaffacciato al mondo del classico, ma questa volta con tutt'altro spirito. Mi sono reso conto che è estremamente difficile proporre innovazioni in questo mercato, ma che è altrettanto difficile progettare in modo coerente, "semplicemente" (si fa per dire) traendo ispirazione dalla storia del Design e dell'architettura. Bisogna avere grande cultura, avere un profonda conoscenza degli stili.. ecc.


Colonne ridicole con fiaccole dorate di plastica. Schermo o vetrata con occhio egizio, poltrona barocca plasticosa... Mentre montavano questo stand non riuscivo a capire fino a che punto potessero arrivare. Una chiesa? Un tempio? Boh!


 Questo l'avevo scelto come "il peggio del peggio", ma vi assicuro che ho visto altro che riusciva a superarlo.



Questo é il massimo, i calici stile Santo Graal, nelle nicchie retroilluminate. Ma chi puo vivere in un simile ambiente. Un amante di Conan il Barbaro e di Merlino?

Ma torniamo al nostro viaggio nei Padiglioni Classici. Prima osservazione. A parte gli espositori  (titolari delle aziende), nessuno parla Italiano. Tutti Russi, Ucraini, Polacchi,  Cinesi, Georgiani, Turchi.. qualche Francese o Tedesco. Tutti gli stand hanno il loro interprete russo, che spesso è decisamente appariscente (ed è per parlare per eufemismi). Seconda cosa: pochissimi giovani a parte le compagne (amanti?) del magnate della situazione. Terza, l'aspetto esteriore dei visitatori che rispecchiavano in pieno il tenore del mobilio esposto: di cattivo gusto.



Arriviamo dunque alle proposte d'arredo esposte. Comincio con i primi stand ma dopo poco tempo mi manca l'aria. Guardo, chiedo informazioni, analizzo finiture, cerco di comprendere... faccio il mio lavoro, insomma. Cerco di resistere, di perseverare. Mi devo sedere. Riposare. Non per stanchezza fisica, ma perchè mi sento soffocare dalle pareti di velluto polverosi, dall'oro finto, dalla combinazioni di colori e materiali infelici, dall'opulenza appariscente, dall' incessante ripetersi di stili mescolati senza nessun senso. Pacchiano e pesante fino all' inverosimile. Innovazione, ironia, leggerezza, coerenza, raffinatezza: zero assoluto! Sembra di entrare ovunque in un film di gangster di serie b o in un cartone di Barbie.
La maggior parte degli espositori presenta oggetti creati su misura per compiacere un gusto assurdo. Lo si nota nello sguardo e nei discorsi furbeschi degli espositori: il classico tipo di venditore di macchine usate americano ( con tanto di anello d'oro e catena al collo).
Il risultato è un miscuglio "pittoresco" di stranezze che paiono provenire da un videogioco di fine anni novanta. Un pastrocchio storico-buffonesco alla Xena la Principessa Guerriera.
E tutto ciò è pensato per il semplice fatto di compiacere una domanda di arredo che non conosce, o fa finta di ignorare quello che di "bello" propone il design europeo, preferendo modelli ostentati che fanno eco alla mancanza di cultura estetica degli acquirenti. Una parvenza trasfigurata di quello che è l'arredamento "classico" all'italiana.
Da dove arriva questo stereotipo? Dai mass media, che in questi anni hanno veicolato degli stereotipi falsati di gusto che comprendono uniformemente il kitch da bancarella e l'Italia in Miniatura.

Continua....

mercoledì 13 aprile 2011

Magazzino di porte. Viaggio a puntate nella storia dei serramenti



3 - SEICENTO E SETTECENTO

Anche per le arti decorative si potrebbe procedere dalla lezione d’arte e di stile che nel secondo Cinquecento il Granducato ha trasmesso a molte altre nazioni d’Europa. Nella varietà d’indirizzi prodotti da tale allargamento di campo è naturalmente assai difficile generalizzare delle tendenze, riconoscere caratteristiche che si affermano nella struttura e nella decorazione delle porte. Solitamente per il mobile e l’architettura degli interni, si suddivide la materia per nazioni e per aree geografiche; anche nella stessa penisola, crescendo il numero delle testimonianze antiquarie e degli influssi riconosciuti o riconoscibili nelle tecniche e nelle tipologie, dalla Sicilia al Piemonte, dall’area marchigiana a quella umbra, dal cassettone ligure o allo stipo toscano, c’è un evidente e progressivo ampliamento della materia e delle competenze che la percorrono. Anche se poi comunemente si ammette – e questi settori non fanno certo eccezione - che il Seicento è un secolo ancora largamente da studiare, da approfondire nelle sue tendenze opposte e contraddittorie.


(...) L’ordinamento cronologico, così alla grossa come lo proponiamo, di per sé testimonia il passaggio, appunto, da un Seicento ancora manierista, al Barocco, alla Rocaille e al comparire di quelle cineserie, di quei goticismi che anche nelle porte articolano la seconda metà del Settecento.
Nelle alternanze della storia, tra l’ultimo Cinquecento e il primo Seicento, le porte dell’Italia centrale, in dissolvenza rispetto ai fasti, alle metamorfosi e ai mostri del manierismo, sembrano mostrare anche altre opposte caratteristiche: di contro alla ricchezza delle pareti affrescate, a portali in marmi bianchi o colorati che sono veri e propri exploit scultorei, si manifesta anche una tendenza a castigare l’ornato nelle porte con specchi lisci, talvolta con verniciature a corpo, con porte e portoni che emanano un “tanfetto di sacrestia” come ha scritto Borsi a proposito del Seicento pistoiese, che si conformano ad un clima bigotto, che tra guerre ed epidemie vede la dinastia dei Medici in disarmo. Come nel caso della chiesa e nell’annesso convento di San Gaetano a Firenze dal quale abbiamo tratto esempi che quasi annullano la differenza tra i portoni che si affacciano sulla strada e le porte che stanno all’interno, nell’uno e nell’altro caso, sobri nella struttura e nella lavorazione delle cornici.


Si potrebbe ancora osservare che nel disegno di architettura dell’epoca barocca, da maestri come Pietro da Cortona, Bernini, Borromini, ai Galli Bibiena, a fronte di un insistito impegno per la foggia dei portali dai quali si generano talvolta tutte intere le facciate, raramente si manifesta un interesse per la definizione delle porte lignee che sembrano ribaltare i criteri del ‘400 e del ‘500, proponendosi talvolta come pause, come ‘vuoti’ e solo raramente con cornici e specchi sagomati.

D’altronde anche in Toscana ci sono esemplari del Barocco più sontuoso. Alcune ville lucchesi (come Villa Mansi) o Palazzo Giugni possono fornire esempi interessanti di porte, probabilmente, anche materiali d’archivio, disegni e schizzi specificatamente riferiti agli arredi o ad autori che dedicano speciale attenzione al ‘design’ delle porte: come nel caso di Ciro Ferri e della porta intagliata in ebano e arricchita di decori in bronzo dorato, incastonata dopo il 1685 nei marmi policromi della cappella di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi nella Santissima Annunziata.


Sul piano delle riproposte, un settore ragionevolmente attivabile a partire soprattutto da questo 600 -700, è quello delle porte dipinte, come si può vedere, adatto a casi di rappresentanza come ad esigenze più quotidiane; capace di offrire nel patrimonio figurativo e cromatico delle varie regioni italiane grande varietà d’ispirazione se non la possibilità di repliche testuali: dalla lacca povera con stampini “tipo Remondini”, al gusto chinoise, dalle policrome scene siciliane ai colori pastello degli esemplari floreali marchigiani, si hanno variazioni tipologiche e soluzioni tecniche di un certo interesse. Specialmente interessanti certi esempi di marmorizzazione che investono solo gli stipiti o tutta intera la porta, come nel salone al primo piano del castello di Balleroy presso Bayeux in Francia o anche, più modestamente, in certi esempi reperiti nel mercato antiquariale. Questi ultimi, evidentemente separati dal loro contesto d’arredo e di parete, necessitano comunque di inserimento, di soluzioni progettuali sulle quali riteniamo debbano darsi delle indicazioni.


Questo Settecento - come poi programmaticamente l’epoca dello Art nouveau – presuppone l’interesse ad un disegno organico e coordinato, dall’insieme, dalla maniglia, all’intera parete se non oltre; presuppone un discorso sui materiali, e sui colori che verranno impiegati che dovrà naturalmente essere oggetti di discussione tra committente, progettista e produttore nel caso di commissioni singole, ovvero sistematizzato in catalogo in una serie di proposte seriali da offrire al mercato, dopo un opportuno progetto.



Mauro Cozzi

giovedì 7 aprile 2011

Salone del Mobile di Milano 2011: un appuntamento imperdibile


Ormai manca davvero poco: fra pochi giorni il Salone Internazionale del Mobile di Milano riaprirà i propri battenti. Il 12 di aprile avrà inizio l'evento più atteso nel mondo del design, quello che apre una finestra sulle migliori avanguardie in fatto di stile e di tendenze.


Quest'anno il Salone ha deciso di festeggiare i suoi cinquant'anni di apertura con una serie di eventi, dentro e fuori lo spazio espositivo, che non ha precedenti: del resto l'occasione è importante e le circostanze lo richiedono. E dunque spazio ai nuovi talenti under 35 del panorama italiano; largo agli ospiti famosi che ogni anno partecipano all'evento; largo alle innovazioni e e alle progettazioni avvenieristiche.


E cosa c'è al di fuori dei padiglioni di Rho? Come al solito il calendario di appuntamenti legati al Cosmit è fittissimo di iniziative trendy e particolari. Come "Principia" un padiglione sistemato in Piazza Duomo dove, in otto stanze, si analizza un principium scientifico che origina opere sonore, visive architettoniche e così via. Oppure CuoreBosco, un progetto che magnifica la luce e la sua capacità di creare mondi.
Da martedì 12 a domenica 17 aprile. Qui trovate tutte le info e gli eventi

Magazzino di porte. Viaggio a puntate nella storia dei serramenti

2.2 – Il Cinquecento, dall’intaglio all’intarsio




Esistono naturalmente casi interessantissimi di tarsia pittorica anche nel Cinquecento, come nel caso di Antonio Barili a Siena e a Fano; di Fra Giovanni da Verona, con i lavori che attualmente si trovano nella sacrestia di San Marco a Venezia, nella chiesa di S. Maria in Organo a Verona, quelli eseguiti per il coro di Monte Oliveto Maggiore (oggi nella Cattedrale di Siena) o poi nella stanza della segnatura in Vaticano per Giulio II. Come nel caso di Baccio d’Agnolo nella cappella Tornabuoni in Santa Maria Novella a Firenze, della quale si hanno anche i disegni.




Il trompe l’oeil e le prospettive architettoniche trovano campo anche nell’intaglio come nel caso del bassorilievo schiacciato che orna lo schienale di un cacatoire pubblicato da Gonzales Palacios o di una porta (più tarda?) del Museo Comunale di Torino, già a Saluzzo, proposta dal Pedrini. Dal primo Cinquecento, dai disegni provatamente eseguiti dai Sangallo (con gli intagli di Baccio d’Agnolo), da Raffaello (in questo caso disegni realizzati da Giovanni Barili) fino a Giulio Romano e alla metà del secolo, l’intaglio guadagna sempre più spazio e spessore. Gli esempi selezionati per questo Magazzino testimoniano come anche nelle porte ci sia una progressiva rimontante plasticità degli ornati, fino agli intagli di Buontalenti, di Ammannati o di Vasari, per stare all’ambiente toscano, ma che dalla misura del tabernacolo a quella del palazzo sviluppano le fantastiche metamorfosi del Manierismo.





Dalla celeberrima e rivoluzionaria porta delle Suppliche buotalentiana ai turgidi ornati delle altre porte degli Uffizi, all’esterno e all’interno dei palazzi fiorentini, toscani, italiani ed ora anche europei, si sviluppano intagli che variamente si mescolano con motivi autoctoni, con cartigli a pergamena ancora d’uso gotico, con formelle intarsiate, con girali e motivi decorativi fioriti, grottesche a basso e ad altorilievo.
Se gli esemplari di più alta qualità e paternità hanno meritato, qualche nota al margine dei palazzi in cui si trovano, interesse nelle riviste, tra le opere di questo o quel “legnaiuolo”, per le porte più usuali e contaminate d’influenze nelle varie regioni e zone d’Italia, è assai problematico un racconto generale, e ancora di più un ragionamento da cui trarre indicazioni progettuali. Questi esemplari del Cinquecento, che nel XIX e XX secolo hanno mosso, come vedremo, interessi consistenti nelle arti decorative e il revival di vere e proprie ‘scuole’ come quella senese e fiorentina che in tutto il mondo hanno riproposto questo stile, non sembrano oggi riscuotere interesse. Per la poca sintonia col gusto contemporaneo, per la perdita di un mestiere come quello dell’intaglio e per i costi, in ogni caso impraticabili, stante la difficile adattabilità ad altri metodi produttivi.



Mauro Cozzi